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Promemoria italiano «manifesto» per il cambiamento

   Tempo di lettura: 5 minuti

Incontri con i giovani e nelle scuole sul libro di Napoletano dedicato alle personalità che seppero ricostruire l’Italia.

«Direttore, è fondamentale che gli adulti credano in noi, se sono loro a dirci che dobbiamo andare via come possiamo avere fiducia nel nostro futuro e nel nostro Paese?». Federico Iori, al quarto anno del liceo scientifico «Spallanzani» di Reggio Emilia, parla al direttore del «Sole 24 Ore» Roberto Napoletano.
Nella sua domanda, una richiesta di attenzione. L’appello ad essere presi sul serio di una generazione di giovanissimi che forse non è così abbattuta e rassegnata come spesso la si rappresenta. Disorientata, piuttosto. Assetata di modelli e di incoraggiamento.
E forse proprio perché risponde a questa necessità, Promemoria italiano (Bur, € 12, p.158) – raccolta dei Mememorandum pubblicati da Napoletano sulla prima pagina della «Domenica del Sole» – è arrivato in sette mesi all’ottava edizione. Diventando una sorta di «manifesto» di valori, figure e comportamenti cui ispirarsi, diffuso soprattutto grazie al passaparola. Tanto che lo stesso direttore sta girando l’Italia – da Saluzzo a Merate, a San Salvo e Pescara -, accogliendo le richieste dei ragazzi che chiedono di incontrarlo.

Fondamentale rispondere, per non farli sentire soli se tentano di esprimere passione civile o interesse per la politica. Per non abbandonarli, goccia nel mare, in un Paese in cui i giovani al più fanno volontariato, ma non si fidano e non si iscrivono ai partiti. Un’Italia, scrive Napoletano, distante da quella del Dopoguerra «dove la politica spopolava nei bar insieme al pallone e veniva vissuta come un dovere morale. Si litigava, si lottava, ma per fare meglio. E si è ricostruito un Paese».
Il Dopoguerra, assunto nel libro come epoca di confronto e di riferimento. Perché anche oggi, dice il direttore del «Sole 24 Ore», è come se avessimo vissuto una «specialissima terza guerra mondiale». «Mancano i bombardamenti – spiega -, ma le macerie da cui dobbiamo risollevarci richiedono la stessa forza e determinazione di quegli anni». Nuova rovina è il lavoro che non c’è: per chi lo perde a 40-50 anni e per i più giovani, la «generazione della paura» che teme un’eterna precarietà. Nuova rovina è la crisi morale e civile dei soldi pubblici usati per pagare una laurea a Tirana o le feste a base di ostriche e champagne.
Promemoria italiano, dunque, non offre una visione consolatoria della realtà attuale. Anzi, ne traccia un ritratto impietoso. Ma incita a cambiare e a rimboccarsi le maniche, proprio come accadde dopo la Seconda guerra mondiale, ritrovando lo «spirito di un popolo».
La forza del libro è che il messaggio passa attraverso storie concrete, aneddoti, esempi di personalità che hanno rimesso in piedi l’Italia e creato l’Europa. «Avremmo bisogno in casa di uomini della tempra di un De Gasperi o di un Vanoni, di un Costa o di un Mattioli e di uno o più eredi del pragmatismo contadino di Di Vittorio – scrive Napoletano -. Avremo bisogno in Europa di un nuovo Kohl o di un nuovo Monnet e di una cancelliera Merkel che si ricordi del no di Adenauer alla neutralità germanica e degli appelli di Schmidt affinché il popolo tedesco riconosca che fino a oggi ha avuto (e continua ad avere) molto dall’Europa». Ma, soprattutto, scrive «serviranno i cittadini europei. Un popolo senza padroni».
Qualche motivo di speranza già c’è. «L’Italia è un grande Paese e possiamo farcela – dice il direttore del “Sole 24 Ore” -. Abbiamo gli uomini, i talenti, una straordinaria risorsa femminile, il dono dell’imprenditorialità. Dobbiamo credere in noi e ritrovare l’orgoglio italiano, il gusto della fatica, il senso dello Stato, l’entusiasmo e la determinazione».
Come quella dei ragazzi di Monterosso che hanno scavato nel fango, di cui si parla nel libro. O quella di Emanuele Ferragina, 28 anni, che ha scelto di lavorare a Oxford, convinto che «i cervelli sono fuori e dentro nello stesso tempo, sono lì, comunicano su Internet, dialogano con gli uomini e le istituzioni italiane». E che «la rete dell’intelligenza chiede solo che il nostro Paese decida di scommettere su di loro (dovunque siano)».
Anche questa, alla fine, come quella del liceale Federico, una richiesta di attenzione.

Alessia Rastelli [1] dal Corriere della Sera

la redazione ringrazia il Corriere e l’Autrice

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