Raffaele Sardo racconta le storie di morti dimenticati

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Vincenzo Polverino era nato da poco. Doveva essere battezzato l’8 maggio del 1977. Ma quel giorno andò a finire che invece del suo battesimo si dovette celebrare il funerale del padre. Pasquale Polverino, un cameriere di 23 anni, fu ammazzato durante una rapina al ristorante ´La Taverna del Ghiottoª, a Napoli. Lo uccise un colpo alla schiena, sparato da un fucile a canne mozze. Oggi Vincenzo ha 36 anni. Del papà-ragazzo non ha ricordi, conserva solo qualche fotografia e ritagli di giornale.

Poi c’è Mariano Mellone, dipendente di una fabbrica di scarpe. A lui spararono un colpo alla nuca, il 12 marzo del 1981, mentre si trovava nell’;autofficina di un amico, in via Padre Rocco. I killer della camorra lo avevano scambiato per Ciro Mazzarella, detto “scellone”, nipote del boss Michele Zaza. Mariano Mellone aveva 33 anni e una bambina di un anno. Anche lei cresciuta senza padre. Quello stesso 12 marzo del 1981 anche la morte di Francesca Moccia, 48 anni, fu solo un dettaglio, un ´effetto collateraleª degli assassini che cercavano ´o’; scelloneª: spararono all’;impazzata e la colpirono mentre si trovava nel suo negozio di frutta.

E poi ci sono Luigi Carbone, poliziotto di 57 anni, e Mario Cancello, dipendente della Regione, che aveva 33 anni e faceva da autista all’;assessore Ciro Cirillo. Quando un commando delle Brigate Rosse rapÏ Cirillo, vennero ammazzati Carbone e Cancello. Pina Gaudianello, la moglie del giovane autista, allora aveva 30 anni e un figlio di 4 anni e mezzo. » rimasta amarezza nelle parole della signora Pina, che oggi di anni ne ha 61: ´Di Mario nessuno si è più ricordato, neppure in Regione. Ciro Cirillo non si è mai fatto sentire, neanche con una telefonataª. Anche la vedova di Luigi Carbone, il poliziotto, non ha più sentito Ciro Cirillo.

Morti dimenticati. Oppure morti che hanno avuto una lapide o una strada intitolata. Raffaele Sardo ha ora scritto “Come nuvole nere. Vittime innocenti” , pubblicato dall’editore Melampo in collaborazione con la Fondazione Pol.i.s, presieduta da Paolo Siani, fratello di Giancarlo, il giornalista del Mattino ucciso dalla camorra nel 1985. Il libro di Sardo raccoglie 24 storie, 24 vite, 24 morti. Vittime di camorra, di criminalità o di terrorismo, che hanno insanguinato Napoli e la Campania tra la fine degli anni Settanta e tutti gli anni Ottanta. Un lungo racconto, che è un tentativo di restituire memoria. Ma non solo.

Sardo fa parlare i parenti delle vittime: figli che sono cresciuti, fratelli o mogli o mariti che sono invecchiati, che oggi hanno i capelli bianchi. Tutte persone segnate, che testimoniano come le cose sono andate e come potevano essere, quanta vita è mancata e quanto dolore è rimasto. ´Papà fu ucciso poco prima delle dieci. Ero a scuola – ricorda Arnaldo Amato, figlio di Pino Amato, l’;assessore regionale al Bilancio ucciso dalle Br il 19 maggio del 1980 – Mio padre è stato dimenticato. In Regione Campania non gli hanno intitolato nemmeno uno sgabuzzino.

Altri nomi: come quelli dei giudici Tartaglione e Giacumbi, del criminologo Paolella, di carabinieri o poliziotti caduti nella stagione degli anni di piombo. E nomi di persone senza volto.

Raffaele Sardo rievoca. Cava fuori dall’;oblÏo. Ridà voce. E anche su una vicenda come quella di Giancarlo Siani, riesce a scrivere cose nuove. L’;agguato a Giancarlo, gli otto colpi di pistola che lo ammazzarono quando aveva 26 anni, li racconta il fratello Paolo. I genitori non ci sono più (´mamma ha vissuto con una rabbia dentro, che non ha mai domato; pap‡ non è più uscito di casa, da quel giorno non è andato nemmeno più a lavorare). Anche Paolo Siani oggi è un signore con i capelli bianchi. Il libro raccoglie le sue parole, la commozione che non lo abbandona, i rimpianti.
“I camorristi uccidono le persone come se fossero formiche. Un soffio e via. Giancarlo era un ragazzo. Non lo dovevano uccidere cosÏ. Non lo meritava”.

Per la prima volta, dopo tanto tempo, parla anche Daniela Rossignaud, la ragazza di Giancarlo. Nel
1985 aveva soltanto 23 anni. Oggi ne ha 51. “Per dieci anni non ho vissuto”, dice. Anche lei – come Paolo, come tutti quelli hanno visto Giancarlo fino alla sera del 23 settembre del 1985 – ricorda la sua allegria (´Non temeva per la sua vita e non c’;è mai stato alcun segreto che mi abbia rivelatoª). Daniela ha uno ´scrigno segretoª: ´Conservo alcune delle cose più care di Giancarlo. Ho le foto, gli articoli, la sua maglietta bianca con la scritta “Frigidaire”. ´Giancarlo voleva fare il giornalista senza raccomandazioni – aggiunge – Questo era il suo sogno.

Oggi Giancarlo Siani avrebbe 54 anni.

 

 

 

ndr. Si ringrazia la redazione del Mattino per l’autorizzazione e Francesco Romanetti

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