Il libro contiene un'analisi sociologica del mondo che orbita attorno alle pulizie domestiche, lavoro duro, ma ormai professionalizzato, meccanizzato, informatizzato, standardizzato, con tanto di uniformi e ore dedicate alla formazione teorica. Si scopre che una donna delle pulizie può essere felice, che il top è pulire case disabitate, quando i normali occupanti sono al lavoro o in vacanza. Che nelle case degli americani, i frigoriferi sono semivuoti, in compenso l'armadietto dei medicinali pullula di confezioni di Prozac.
C'è chi si mette per conto proprio, chi si specializza in pulizia di ambienti teatro di delitti; molti fanno la grana ma non sono quelli che lavorano. Si spiegano procedure; c'è anche un decalogo per i datori di lavoro, che vogliono trovare e tenersi una brava donna delle pulizie.
La materialità del lavoro non è tutto; la donna delle pulizie può diventare confidente, confessore, psicologo, antropologo, detective. Sottesa al lavoro, non manca una motivazione sociale e filosofica: Il piacere che provo nel pulire dipende dall'idea di lasciare un posto migliore di come l'ho trovato, ricco di opportunità, offrendo a chi ci abita un'occasione di ricominciare daccapo.
Ecco, alla fine del libro potremo scoprire che pulire ha una valenza simbolica e risponde a un bisogno profondo: quello di mettere ordine nella propria vita. Anzi può diventare un'esperienza mistica, come quella descritta dall'autrice nell'ultimo capitolo.
valentino sossella