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I libri, prime vittime della crisi

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Acquisti giù del 10 per cento.E sei su dieci scelgono volumi sotto i 10 euro. Crollano i lettori forti. La Commissione Cultura difende la legge sugli sconti

Si comprano meno libri, si legge meno e con sempre maggior attenzione al portafoglio e al prezzo di copertina, preferendo nel 59% dei casi acquisti entro i 10 euro. Sono alcuni dei dati emersi durante il convegno di qualche tempo fa “Ad un anno dall’approvazione della legge sul prezzo dei libri. Gli operatori a confronto”, organizzato a Roma, presso la Sala del Mappamondo di Montecitorio e promosso dalla Commissione Cultura della Camera, per fare il punto sul mercato del libro a dodici mesi dall’entrata in vigore della Legge 128 del 27 luglio 2011, che ha come primo firmatario Riccardo Levi. Una discussione sull’efficacia della norma che si poneva come primo obiettivo di contribuire a salvaguardare un mercato dell’editoria aperto e pluralista mettendo dei limiti alla politica aggressiva degli sconti, fissati a un massimo del 15% per i librai e del 25% per gli editori durante le campagne promozionali (con l’esclusione del mese di dicembre). Una norma che però ha dovuto fare i conti con la difficile situazione economica del Paese.

 

Secondo i dati Nielsen presentati dal Centro per il libro e la lettura, tra ottobre e giugno gli acquirenti, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, sono diminuiti del 10% negli ultimi tre mesi del 2011, del 5% nel primo trimestre 2012, mentre sono invariati nel secondo trimestre. I dati sono più pesanti se si considerano gli acquirenti di almeno 3 libri a trimestre, con rispettivamente un calo del 20%, 7% e 9%. Scende anche la spesa media per acquirente, passata da 34,46 a 30,69 euro per il quarto trimestre 2011 (-11%), da 29,41 a 27,55 euro per il primo trimestre 2012 (-6%), e da 25,88 a 23,64 euro per il secondo trimestre (-9%). Nei primi 9 mesi del 2012 il calo per valore di vendite è stato dell’8,7% (da 754,8 milioni a 689,5), per numero di copie del 7,3% (da 54,6 milioni a 50,6). «L’obiettivo di questa legge – spiega Manuela Ghizzoni, presidente della Commissione Cultura – era garantire la pluralità di soggetti diversi nel mercato dell’editoria. Gli sconti importanti andavano a favore dei grandi distributori ed editori, ma a scapito dei piccoli. I dati diffusi preoccupano, ma sono inquinati dalla crisi economica, che colpisce tutti i settori. Se prima il libro era considerato un piccolo bene rifugio, ora è una spesa che le famiglie rimandano».

«Una valutazione degli effetti della legge – aggiunge Paolo Peluffo, sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega all’informazione e all’editoria – è impossibile, in presenza della recessione. È difficile valutare se la legge ha frenato o meno il calo del settore, c’è bisogno di alcuni anni per valutarne gli effetti. Certo è che la legge ha fissato un principio importante: il valore economico del libro».

Per il ministro per i beni e le attività culturali Lorenzo Ornaghi, si tratta di «una legge apprezzabile per il metodo di lavoro: importante perché è il riconoscimento al valore del libro e al libro come valore. Bisogna riflettere sul calo di acquisti e lettori, ma un anno è poco per stabilire se dipende dalla legge. Inoltre, bisognerebbe rivedere la norma per concedere un trattamento migliore alle biblioteche».Fortemente critica è stata infatti la posizione dell’Aib, l’Associazione italiana delle Biblioteche, che condivide la finalità della legge, ma non le sue condizioni, che rafforzerebbero la natura commerciale dei libri. «Con il blocco degli sconti, anche le biblioteche sono considerate utenti finali. Non viene riconosciuto loro il ruolo nella diffusione della lettura. Chiediamo un’esenzione», afferma Stefano Parise.

«Una regolamentazione dei prezzi è necessaria. La legge Levi – sottolinea Marco Polillo, presidente dell’Associazione Italiana degli Editori – è frutto di un’inevitabile compromesso tra chi voleva grande libertà, chi voleva una libertà limitata e chi non la voleva affatto. Non si può però dire che sia stata la legge a causare la caduta dei consumi. È frutto della situazione economica generale. C’è però da sottolineare come in questo periodo sia sceso il prezzo di vendita, anche in seguito alla politica aggressiva di Newton Compton che ha tagliato i prezzi».

(Ansa)

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