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Come riconoscere il proprio Angelo Custode da piccoli inequivocabili segnali

   Tempo di lettura: 8 minuti

Don DeLillo è sempre stato affascinato dal potere delle immagini. I suoi romanzi, in particolare quelli che sondano il nostro tempo (leggi, Underworld, Americana, L’uomo che cade) evocano fortemente questo potere. Non c’è nulla di illusorio nelle effusioni di una folla in lutto (in “L’uomo che cade”: la scena della gente che si abbraccia sotto una fitta pioggia di fogli per stampante e polvere mista a cemento), una scena ricca di significati complessi che si accumulano sotto una tragedia collettiva. 
E, in effetti, quelle immagini tendono riconoscere una certa liquidità delle cose e le associazioni offerte così sovraccariche di portentose implicazioni simboliche, sembrano pure ribellarsi allo status quo dell’evento che le hanno generate e per questo finite sulle pagine dei suoi libri.

Non ho mai capito bene perché la critica ha descritto questo fenomeno “periodo atomico” mentre, sono più affezionato al termine “panoramico” che rende più esplicito il presidio con cui la letteratura testimonia quello che accade al mondo. In questo, la letteratura nordamericana ha molto da dire ai lettori. E, come avrete capito da molto tempo, amo moltissimo.

Bene, tutto questo bel preambolo per dire che non ci troverete moltissimo di tutto questo nell’ultimo libro di DeLillo, L’angelo Esmeralda, e primo in circolazione in fatto di racconti. Proprio perché non lo riconosco come uno scrittore di racconti, ho una certa difficoltà a descrivere come “rappresentative” le storie incluse nella raccolta, pur riconoscendo – e lo dico agli affezionati lettori dei libri di DeLillo in particolare, un concentrato di alcuni temi che definiscono la narrativa del grande autore americano. Racconti che coprono un certo numero di anni della carriera di De Lillo: leggo questa cosa, oltre che alle date indicate nell’indice, dal commento da un paio di fonti (NYT e Post prima di altri) sorprendendomi di un aspetto sconosciuto del suo lavoro.

DeLillo è stato sempre attratto da grandi questioni e domande che hanno a che fare con la lettura della realtà. Le grandi catastrofi che marcano segnatamente l’orizzonte dei suoi romanzi: i disastri ambientali, il terrorismo, l’assassinio politico sono meno in evidenza che nell’”Angelo Esmeralda”, ma il senso di paura e di impotenza individuale che queste storie tendono a invocare, sono riconoscibili, come un marchio di fabbrica, nel racconto “L’acrobata d’avorio” , dove Kyle ed Edmund, i protagonisti, fanno i conti con un terremoto scala 6,6 e quello che ne consegue. Chissà perché i governi tendono sempre a ridimensionare la portata della tragicità di questi eventi (e noi, lo sappiamo bene).

Oppure, i momenti meditativi sulla condizione umana, di una coppia di astronauti nella pace dello spazio, al lavoro in una navicella orbitale a raccogliere immagini degli schieramenti militari in conflitto nella IIIa guerra mondiale alla terza settimana, 35 chilometri sotto di loro, mentre si agganciano alla stazione orbitale per i rifornimenti di cibo e mezzi.
La vita sulla terra è un’anomalia dell’universo. E’ il vuoto, l’assenza del tutto, la normalità. Ed è paradossale che, non solo la terra ospiti la vita, ma che la sua forma sia addirittura intelligente. La guerra metterà fine a questa anomalia mettendo fine pure all’idea che l’universo pulluli di vita. E Vollmer, l’astronauta, sembra essere talmente consapevole di questo che altro non gli rimane da fare che guardare la terra dall’oblò esausto e con gli occhi pieni dei colori che lo spettacolo gli offre.

A che punto siete con la fede? Quanta speranza c’è in quei gesti semplici che fanno molti di noi persone devote, e non importa a quale fede ci si riferisca? Qual’è l’istruzione migliore per incontrare il nostro Angelo Custode cui poggiare il nostro bisogno di consolazione? Quali sono i segnali per riconoscerlo?

L’Angelo Esmeralda, il racconto che offre il titolo al libro, è una storia di un conflitto: quello di Suor Edgar con la sua fede. 
L’anziana suora fa i conti con l’ingiustizia e l’impotenza dopo l’assassinio di una giovanissima ragazzina stuprata e lanciata da un tetto: Esmeralda. Eppure, dopo un po’ di tempo, un numero sempre più grande di persone, raggiunge un luogo dove, tra silenzio, lacrime e preghiere, si raduna alla vista del volto di Esmeralda, riflessa su un cartellone pubblicitario. Il numero cresce a tal misura che non basta più la striscia di asfalto a tenere la folla di migliaia di persone a tal punto da costringere le autorità a smontare il cartellone del suo contenuto e lasciare un laconico messaggio di “spazio disponibile” privando la gente di quella visione di devozione e speranza. Per Suor Edgar rimane l’immagine del volto impresso sulla sua anima dove quel gesto di trascendenza dona conforto e compassione.

Ma lo stato d’animo ricorrente di queste storie è anche l’intimità. In molti dei personaggi che albergano le pagine del libro DeLillo ci vedo una certa imperscrutabilità dei rapporti tra le persone. Vedi “Creazione”, il primo dei racconti, per esempio, dove la giovane coppia di sposini in viaggio per i Caraibi, in una storia che più convenzionale non direste, e che precipita in una banalissima storia di tradimento con un altro turista. Più o meno quello che accadde con la stessa storia di sesso che regola il rapporto di quella coppia passata alla storia tedesca come una efferata banda di terroristi (per chi vuole chiamarli così: per molto tempo e per molta gente, i due, sono stati due eroici comunisti rivoluzionari). Baader – Meinhof è, per me, tra i più belli di tutto il libro.

Le storie finali “La denutrita” e “La mezzanotte in Dostoevskij” culminano in atti di stalking. Queste opere – le più recenti – sono narrate dal punto di vista degli stalker, entrambi interessati a immaginare delle storie personali con il soggetto della propria paranoia. In Denutrita, il protagonista segue all’infinito la ragazza magra su cui ha appoggiato le sue fisime e tentato di allentare il cervello dalle sue tensioni indistinte. Nel momento culminante nel bagno delle donne del cinema, dopo l’ennesimo film e molti chilometri di inseguimento, rimarranno a guardarsi per un po’ in un silenzio paradossale. Dopo, lei scivolerà al suo fianco per poi sparire dietro la porta dove le poche parole dette poco prima sono rimbalzate e cadute per terra.

Non so bene come chiudere queste righe se non nel modo più semplice che mi riesca di farlo. Spesso, le storie che sembrano essere rivelatrici di qualche significato più recondito o complesso, sono quelle che scivolano senza significato. E, tuttavia, rivelatrici dell’incomunicabilità tra gli individui.

Il Libro di Don DeLillo è molto bello. Vi consiglio, ancora una volta, di andare in libreria.

per BookAvenue, Michele Genchi

guarda il video su: [1]

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