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Compagni Segreti è stata un’inaspettata fonte di ispirazione. Grazie a questo libro ho scoperto (tanto per citarne alcuni) scrittori come Uwe Timm, Jurek Becker, Jerzy Kosinski e Jean Améry e sono rimasto conquistato dalla grande passione di Eraldo Affinati per il viaggio. Tra le righe non ci sono comuni descrizioni di viaggi o descrizioni fini a se stesse perché il binomio letteratura-vita (e vita-letteratura) si interseca inesorabilmente alla pagina e la fa da padrone.

Eraldo Affinati sente l’esigenza di andare nei luoghi descritti sui libri per provare l’esperienza, ma anche per trovare delle conferme. Andare nei luoghi che sono stati prima pensati è come certificare l’esperienza del viaggio. La scrittura, dice Affinati, “è l’ultimo anello di una lunga collana conoscitiva”.

Affinati parte quindi per dei luoghi che già conosce, cercando le “ragioni del ritorno” e l’origine da cui proviene. “Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo” scriveva Fernando Pessoa.

Punto di riferimento di Affinati è la storia e in particolare la Seconda Guerra Mondiale, un segnalibro fondamentale nella sua vita. Il nonno di Affinati era un partigiano antifascista fucilato dai fascisti nel ’44 e sua madre fuggì all’ultimo momento da un treno che probabilmente era diretto ad Auschwitz Birkenau.


La sua scrittura nasce quindi dall’idea di una ricucitura in quanto sente la Seconda Guerra Mondiale come uno strappo. Uno strappo che non è solo suo, ma di tutti gli uomini. Perché nessuno può chiamarsi fuori da quello che è accaduto.

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Marco Crestani

"In una poesia o in un racconto si possono descrivere cose e oggetti comuni usando un linguaggio comune ma preciso, e dotare questi oggetti - una sedia, le tendine di una finestra, una forchetta, un sasso, un orecchino - di un potere immenso, addirittura sbalorditivo. Si può scrivere una riga di dialogo apparentemente innocuo e far sì che provochi al lettore un brivido lungo la schiena… Questo è il tipo di scrittura che mi interessa più di ogni altra. Non sopporto cose scritte in maniera sciatta e confusa…"(Raymond Carver)
http://libereditor.wordpress.com/

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2 commenti

  1. Una scrittura intensa quella di Eraldo Affinati perché non basta una lettura…

  2. Ma Affinati ha anche raccontato l’orrore nazista della deportazione nel celebre “Campo del sangue”, (che gli valse la finale in un Campiello) un diario di viaggio, tra storia e ricordo da Venezia ad Auschwitz e, in tempi più recenti, ha messo in scena la vita coraggiosa di un prete protestante, Dietrich Bonhoeffer, un teologo contro Hitler, che fu un’intransigente oppositore al regime. La sua scrittura è una urgenza di testimonianza civile sullo slancio eroico del singolo contro il volto inumano del potere. Una vera ossessione per Affinati.

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