L’orologio di Orfeo

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Erano scatoloni piuttosto comuni: vecchi contenitori pieghevoli di cartone ondulato, non diversi da quelli che prendono polvere in milioni di cantine e solai. Ultimi, stanchi residui del patrimonio del nostro compianto padre, erano arrivati nell’assolata casa di collina di mio fratello Nick, a Los Angeles, nell’autunno del 1994. Stranamente, provenivano dalla Germania. Nostro padre, Bernard Goodman, era morto a Venezia alcuni mesi prima — il giorno dopo il suo ottantesimo compleanno — mentre nuotava nel mare Adriatico. La sera precedente aveva gustato una cena squisita all’Harry’s Bar. Cipriani, il proprietario, gli aveva offerto una bottiglia di grappa della casa. Rinomato atleta ai tempi dell’università, mio padre era sempre rimasto fisicamente attivo — non fu il suo corpo che la vita spezzò — e, nonostante l’età, era un abile nuotatore. Secondo le autorità, ebbe un colpo apoplettico o un attacco di cuore e perse coscienza in acqua. Quando Eva, la sua compagna già da anni, gridò e agitò le braccia dalla riva, i bagnini si tuffarono in mare e lo trascinarono fuori, ma era troppo tardi. Fu dichiarato morto per annegamento.
La sua scomparsa fu inattesa e piuttosto insolita: non sono molti gli uomini di ottant’anni che perdono la vita in mare. Forse, però, fu una fine appropriata. Anche la sua esistenza era stata insolita e piena di circostanze impreviste.

I suoi nonni sono morti in un campo di concentramento. Questa è l’unica cosa che Simon Goodman sa di loro fino a quando suo padre muore improvvisamente e lascia in eredità scatoloni pieni fino all’orlo di vecchie carte. Solo allora comincerà ad affiorare una storia che ha dell’incredibile.
Goodman verrà a sapere che i Gutmann (questo il cognome originario) erano tra le più potenti famiglie di banchieri della Germania e che raccolsero nel tempo una magnifica collezione d’arte, che annoverava opere di Degas, Renoir, Botticelli e dversi altri (oltre al cinquecentesco Orologio di Orfeo che da il titolo a questo libro).

Simon Goodman scoprirà, studiando le carte, come il regime nazista tolse tutto (compresa la vita) alla sua famiglia.
Raccoglierà indizi chiari sull’eredità trafugata e soprattutto sulla macchina infernale pensata e messa in atto dai nazisti. Scoprirà come gran parte della collezione finì nelle mani di Hitler e Göring, ma anche come diverse opere furono portate in Svizzera per essere vendute a collezionisti o a mercanti; di come molte finirono in importanti musei e come altre vennero recuperate dalle forze alleate e poi nuovamente rubate in modo apparentemente “pulito”.

Notevole, da evidenziare, la traduzione di Andrea Vincre.
ElectaStorie è una nuova collana di Mondadori Electa che racconta fatti e personaggi reali protagonisti della grande arte.

Simon Goodman, L’orologio di Orfeo, traduzione di Andrea Vincre, collana ElectaStorie, Mondadori Electa 2015.

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Marco Crestani

"In una poesia o in un racconto si possono descrivere cose e oggetti comuni usando un linguaggio comune ma preciso, e dotare questi oggetti - una sedia, le tendine di una finestra, una forchetta, un sasso, un orecchino - di un potere immenso, addirittura sbalorditivo. Si può scrivere una riga di dialogo apparentemente innocuo e far sì che provochi al lettore un brivido lungo la schiena… Questo è il tipo di scrittura che mi interessa più di ogni altra. Non sopporto cose scritte in maniera sciatta e confusa…"(Raymond Carver)
http://libereditor.wordpress.com/

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