Se la “buona scuola” è buona a nulla

   Tempo di lettura: 3 minuti

Abbiamo chiesto a Paola Chiesi, che insegna nella scuola pubblica, un suo commento a fine anno scolastico sulla situazione della scuola vista “da dentro”

di Paola Chiesi

Venerdì 5 giugno, 10 di sera. Siamo ancora tutti in presidenza alla disperata ricerca di un telecomando per azionare il condizionatore. I miei colleghi ed io siamo a scuola dalle 8,00 del mattino. Fuori è ancora caldo e a noi serve un po’ di aria fresca per raccogliere le ultime forze e finire lo scrutinio dei nostri alunni maturandi. Sono stanca e anche leggermente contrariata. Mi chiedo perché, come insegnante, io debba lavorare fuori orario (a casa o a scuola fa lo stesso) senza essere pagata per le centinaia di ore extra. Se avessi voluto fare volontariato, avrei intrapreso ben altre strade molto tempo fa.

 

 

Nei giorni in cui la scuola è sotto la luce dei riflettori, con la mente e con il cuore spero che la riforma sulla “buona scuola” non passi e che la forte protesta in tutt’Italia serva a far tornare il governo sui suoi passi su una materia come l’istruzione, fondamentale per qualsiasi paese, nel nostro un po’ di più.

Dopo la riforma Moratti, Gelmini e qualche “riformina” tra un governo e l’altro, arriva minacciosa la rivoluzione annunciata dal governo Renzi. Una riforma per gente giovane e “very cool”, peccato che non sia buona. E non lo è per almeno quattro ottime ragioni: è punitiva per gli insegnanti, lontana dai bisogni della scuola, asservita alle pressioni del mercato e – infine – merce di scambio di correnti interne di partito. Insomma una contro-riforma. Se intende premiare i docenti meritevoli, come mai nelle oltre 130 pagine del disegno di legge non compare nemmeno una volta la parola “contratto”? Quale organo esterno di garanzia dovrebbe controllare l’operato di un nebuloso “nucleo di valutazione”, completamente interno ad ogni singolo istituto? Si sa che in Italia la tentazione di favorire il “mi manda Picone” di turno è sempre in agguato…

A voler tagliare corto, neanche quest’ultima proposta di riforma è stata in grado di ripensare la scuola dando vita a una riorganizzazione generale del sistema istruzione. Come quelle che l’hanno preceduta, è miope, dunque sbagliata. Ed è proprio la mancanza di un orizzonte ampio ad aver segnato il fallimento di tutti gli interventi attuati fin qui nel mondo della scuola.

Alla prossima riforma del prossimo ministro del prossimo governo…

 

 

 

 

 

*Paola Chiesi insegna a Roma nella scuola pubblica

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1 commento

  1. Quello che questo pagliaccio non vuole capire come il suo predecessore che affidò alla Gelmini una legge cui rimettere mano, è che la realtà della scuola è diversa; è quella di personale malpagato e umiliato, di scuole che cadono a pezzi, di risorse che mancano, di dispersione scolastica in aumento, di precarietà dilagante, di ragazze e ragazzi in difficoltà perché manca una legge sul diritto allo studio. Il ricatto è quello di far passare un modello di scuola di per sè autoritario e ingiusto per chi nella scuola lavora, e per tutti gli studenti, stringendo la corda al collo delle assunzioni. Questo sì che è un ricatto inaccettabile.

    Gianni Larana, insegnante liceo scientifico Milano

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