Lev Tolstoj. L’ambiguità della Chiesa russa

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Mesi fa, l’ex-vice primo ministro russo Igor Shuvakov, ha intrapreso una missione paradossale: riabilitare uno dei personaggi più amati della storia russa, Lev Tolstoj. Non ci è riuscito e non ci riuscirà come prima aveva già provato il suo predecessore Sergei Stepashin con molto zelo e altrettanto insuccesso. Una missione che potrebbe ormai sembrare inutile, un secolo (e passa) dopo la morte dello scrittore. Ma fin dal 2010, anniversario della sua scomparsa, i russi si sono accapigliati su di lui come quando era vivo. Gli intellettuali hanno accusato la Chiesa Ortodossa Russa di aver messo in una lista di proscrizione un eroe nazionale, mentre la Chiesa lo ritiene responsabile di aver accelerato l’ascesa dei Bolscevichi.

Sta di fatto che nè nell’anniversario della morte, il 20 novembre 2010, nè dopo, c’è stata alcuna commemorazione. Da un punto di vista ufficiale, è stato a malapena notato, a quanto riferisce il New York Times. Scandalizzato, Igor Shuvakov ha scritto una lettera al capo della Chiesa Ortodossa Russa, che è diventato un arbitro nella politica e nella cultura, chiedendo con tutta la diplomazia possibile, il perdono di Tolstoj, che è stato scomunicato 110 anni fa. Stepashin ha agito anche perchè profondamente addolorato dalla vista alla tomba dello scrittore, uno squallido mucchio di terra anonimo.

L’ambivalenza nei confronti di Tolstoj non è nuova in Russia. I sovietici lo collocarono in cima al loro panteon letterario, principalmente per la sua filosofia radicale che diffondeva durante i primi brontolii della Rivoluzione d’Ottobre. La pubblicazione di Anna Karenina e Guerra e Pace lo resero così famoso che qualcuno lo definì il secondo Zar della Russia. E lui approfittò derlla sua posizione per scagliarsi contro la Chiesa, la polizia, l’esercito, la proprietà privata ed ogni forma di violenza. Ad amare Tolstoj c’era anche Lenin, che lo definì ”lo specchio della Rivoluzione Russa”, ignorando che lo scrittore era un pacifista e prfondamente religioso. Il Comitato Centrale del partito comunista cominciò a preparare le celebrazioni per il cinquantesimo anniversario della morte con due anni di anticipo, in modo che il suo monumento fosse completato in tempo. Nulla del genere in occasione del centenario. A non essere sorpreso è stato, tra gli altri, il pronipote di Tolstoj, Vladimir Tolstoj, sovrintendente del museo a lui dedicato a Yasnaya Polyana, la tenuta che lo scrittore ha lasciato agli eredi. Vladimir Tolstoj ha apprezzato l’iniziativa per la ”riabilitazione” del bisnonno presa da Stepashin, ma senza grandi speranze che avrebbe avuto successo.

La risposta della Chiesa alla lettera di Shuvakov, come pure avevano fatto prima sull’iniziativa di Stepashin, pubblicata sul giornale governativo Rossiyskaya Gazeta, ha confermato il pessimismo di Vladimir Tolstoj. Lo scrittore viene ancora una volta definito ”la più tragica personalità” nella storia della letteratura russa, e viene accusato di ”aver usato il suo grande talento per distruggere il tradizionale ordine sociale e spirituale” della Russia. La lettera prosegue affermando che ”non è un caso che il leader dei Bolscevichi ritenesse di grande valore i propositi dell’attività di Lev Tolstoj”. La lettera è firmata dal segretario del consiglio culturale del Patriarca Kirill I, il capo della Chiesa Ortodossa Russa.

Lo scrittore americano William Nickell, autore del libro The Death of Tolstoj (La Morte di Tolstoj), nel commentare l’ostracismo verso lo scrittore afferma che attualmente in Russia questi ”è come se fosse accomunato al comunismo. Un utile idea del regime e della Chiesa in linea di principio, ma in pratica un disastro”.

Qualcuno, per favore, avverta la Chiesa russa che il comunismo è morto anche da loro.

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