Cultura: bisogno primario e vero motore di sviluppo

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Il 15 novembre 2012, si sono svolti gli Stati Generali della Cultura presso il Teatro Eliseo di Via Nazionale a Roma.

Roma che nella giornata precedente è stata scenario di libere e pacifiche manifestazioni di studenti e professori, ma anche teatro di scontri accesi e forti dissensi per questa crisi che avanza e toglie vitalità agli Italiani e al loro sviluppo, ma anche all’Europa e ai cittadini europei.

 

Gli Stati Generali sono nati dall’evoluzione di una necessità sorta dalla creazione del Manifesto lanciato dal Sole 24 Ore per una “costituente della Cultura” lo scorso 19 febbraio, manifesto che lanciava il grido per un patrimonio artistico, storico e culturale che non ha voce in Italia e che si trova nella assoluta necessità di essere tutelato, messo in sicurezza e reso fruibile. In altre parole un patrimonio storico-culturale che sta lanciando il suo S.O.S. muto attraverso rovinosi crolli. E nei crolli non vi sono pericoli solo per le mura di Pompei e del Colosseo e di altri inestimabili monumenti del nostro passato, ma anche parte delle nostre identità personali e collettive, quella parte di storia che disegna i confini della nostra Italia e che configura la nostra storia nazionale e il riconoscimento di tale memoria quale tassello indispensabile nella storia dell’umanità intera. Il momento centrale della giornata è stata un’animata tavola rotonda con voci indignate dalla platea che sottolineavano la mortificazione della gestione della ‘materia’ cultura in Italia, evidenziandone l’attuale inadeguatezza che sta facendo perdere posti di lavoro e anche posizioni di riguardo a livello mondiale. E’ giunta finalmente l’ora di concretizzare la cultura e renderla produttiva. E’ finito il tempo delle parole e degli annunci. In questo senso, è molto importante lo sforzo del Sole 24 ore, che per il tramite del suo direttore Roberto Napoletano, ha generato un Indice 24 coniugando Cultura italiana e sviluppo economico con il pregio della tempestività al fine di colmare la lacuna di informazioni frammentate che finora non hanno permesso di seguire il fenomeno dell’attrattività culturale.

Giuliano Amato in qualità di Presidente dell’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani non può che aprire la rassegna facendo un riferimento concettuale legato alla parola ‘cultura’ come insieme delle cognizioni intellettuali che solo recentemente si arricchiscono nel significato dei sedimenti del patrimonio culturale che si eredita dalla storia e che determina un forte nesso, un rapporto tra la capacità di acculturarsi e la sensibilità per accedere alla cultura.

Una sensibilità così acuta che genera fra la ‘cultura dei pochi’ e la ‘cultura dei più’ un patrimonio ben più largo di quello esistente e materiale.

L’Italia ha in se’ una così estesa proprietà di beni culturali tale da essere riconosciuta in tutto il globo come Paese che da solo è in grado di creare, e lo ha fatto nel corso dei secoli, “le cose belle che piacciono al mondo” cose rese possibili dal carattere vitale della nostra cultura, che ne impregna i geni nel DNA storico del Paese che sono: la circolarità ad ampio raggio della nostra cultura e la scintilla della capacità creativa che ha preso forma nel crogiolo delle diverse culture esistenti e che si sono incontrate nello spazio e nel tempo, un incontro di stili diversi passato al setaccio di un originale ingegno che è quello italiano capace di creare innesti, ridisegnare e riplasmare modelli del tutto nuovi ed originali.

In questa capacità creativa tutta italiana vi è il motore da cui si deve riprendere quella scintilla e ripartire. La cultura dunque è quel motore che deve riaccendersi basandosi su un carburante nuovo che deve saper costituire una terza rivoluzione industriale creando innovazione e capitale da reinvestire per una maggiore ricchezza: la ricerca, la formazione, la cultura resa fruibile e produttiva.

Dare spazio quindi anche alla cultura scientifica che in Italia è andata di pari passo a quella umanistica e che ha dato gambe e forme alle idee, perché la nostra cultura ha conosciuto poeti, letterati, storici, ma anche scienziati, astronomi, matematici e fisici.

Nello stato attuale delle cose, dopo anni e lunghi periodi di oblio nei riguardi di un patrimonio verso il quale siamo stati negligenti, ci troviamo ad essere “espatriati in patria” e resi davanti al globo come incapaci di tutelare le nostre ricchezze, messi alla mercé di chi per soldi e capacità finanziarie potrebbe impadronirsi dei nostri tesori, come è già accaduto nella storia al tempo degli usurpatori. E se è vero che “siamo Italiani per quello che siamo stati e non per quello che siamo ” dovremmo cercare un seguito concreto nella concretezza degli interventi a questa presa di coscienza, dovremmo essere tutti attori ed insieme registi di un nuovo umanesimo della cultura e di un rinascimento fondato sui valori inestimabili dei beni storico-culturali ed artistici che sono i nostri beni comuni, i beni che appartengono a tutti e che ci elevano ad uno stato di società e di civiltà capace di guardare all’esterno ma di voltare lo sguardo anche all’interno dotato di una visione totalmente nuova ed innovativa.

La Cultura in Italia non è solo il museo, la biblioteca, non è solo l’arte e la letteratura ma è la Scuola, l’Università, la Ricerca pertanto meriterebbero un’attenzione particolare i nostri talenti universitari, le giovani leve della cultura quelle che plasmano nel presente le loro coscienze di uomini, donne, di cittadini e di cittadine e che formano i loro “Saperi” e le loro esperienze culturali, ma anche le competenze tecniche nei luoghi della cultura per essere in anticipo sul futuro, capaci di governare un Paese che deve sottrarsi alla morte per corruzione e per decadentismo.

Nel nostro Paese dove troppo ci si lamenta, seppure a ragione, di mancanza di fondi e di denaro per la ricostruzione e la riattivazione del mondo del lavoro e dello sviluppo sostenibile il problema non è solo legato ai budget economici, che sono sempre più esigui per la ricerca e la formazione ma è anche un problema di incapacità a creare progetti realizzabili, progetti capaci di assurgere dalle idee alle costruzioni fattibili.

Progetti di rinascita culturale ed economica che possano essere connessi tra la creatività, le imprese e il terzo settore dell’economia che è proprio quell’humus naturale per ricreare un ambiente produttivo, magari basato sulle cooperazioni che supera mentalità statalistiche e che si apre agli enti territoriali, alle democrazie associative e al privato sociale.

Quindi non solo un buon uso delle risorse, non solo una mera e necessaria spending review, ma la capacità di creare una tracciabilità del nostro Brand made in Italy, una organizzazione sistematica delle risorse, uno snellimento della burocrazia che imprigiona la ricerca e gli investimenti nella ricerca e nella realizzazione dei progetti per la rinascita e lo sviluppo, rendere coniugabile la coesione e la ricerca.

Il Presidente Napolitano autorevolmente e con una lucida cognizione dello stato delle cose sottolinea che non si tratta di una “emergenza dimenticata” quando si parla di Cultura bisognerebbe affermare che si parla di una “scelta trascurata” in un vasto arco di tempo in Italia.

Il Presidente degli Italiani afferma che ciò che deve essere motivo di assillo delle nostre coscienze oggi è un solo interrogativo: “come fare ripartire lo sviluppo” questa è la vera emergenza del nostro Paese , come dar forza vitale ai nostri talenti migliori e quale sia il grado di propensione all’esportazione di idee e capacità.

Napolitano ricorda la valenza dei padri costituenti capaci di quella sublime sintesi di dettato legislativo costituzionale che in poche parole, scritte in italiano, hanno saputo infondere gli aspetti essenziali dell’articolo 9 della Costituzione che in sole due righe ha trasfuso l’esigenza della nostra Cultura: tutela, patrimonio storico- artistico e paesaggio.

Non deve basarsi solo sulla politica dei tagli economici la battaglia contro la crisi, non bisogna arrendersi agli automatismi degli interventi , ma attuare una nuova scala di processi innovativi ed interventi pubblici. Creare selezione nel contenimento della spesa pubblica, differenziare le scelte, ma dire più volte SI’ alla ricerca e alla tutela del patrimonio è una capacità che sta alla politica. Poi il Presidente avverte che la peggiore mentalità burocratica accostandosi alle più pericolose scelte politiche possono generare mostruosità e involuzioni irreversibili.

L’Italia ha più che mai bisogno di comportamenti responsabili e sensibili ad un radicale cambiamento nei costumi, ma anche di soggetti capaci di portare avanti quelle capacità progettuali, realizzatrici e gestionali che impartiranno il nuovo impulso di ripresa economica e culturale. Soggetti responsabili, cooperativi, ma anche competitivi che potranno agire anche in quegli istituti che operano la riunione dei progetti provenienti dalla realtà sociale, dalla nuova mobilità che spesso coincidono con le Regioni.

Questi sono i bisogni primari dell’Italia per accendere di nuovo i motori dello sviluppo e elevarsi dalle mentalità conservative e difensive.

Questo in sintesi il messaggio del Presidente della Repubblica: innestare nel nostro patrimonio artistico-culturale quella spinta che ci fa emergere da un passato glorioso di eroi e di grandi personalità della Cultura per proiettarci verso una umanità nuova che coesiste e si allarga verso prospettive di futuro e vaste ricerche per il benessere dei cittadini, il progresso e la scienza che camminano sulle gambe concrete del lavoro, dell’industria e della tecnica.

La Cultura è capace di creare lavoro, investimenti e produttività rendendo attuale il passato e ricreando attraverso nuove forme di società civili la capacità di agire nel presente per il futuro.

 

Marianna Scibetta Antonio Capitano

 

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