Tutto quello che avreste voluto sapere su Irène Némirovsky e non avete mai osato chiedere

irène nemirovsky
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Grazie alle parole di Irène Némirovsky il lettore è portato a immedesimarsi nella malattia della storia, nella violenza delle sue guerre, nell’immoralità dei suoi molti popoli. La vita di  questa grande scrittrice riassume in sé le tragedie e gli orrori del XX secolo. Nata in Russia nel 1903 in una famiglia ebrea, al momento della rivoluzione il padre, banchiere, per sfuggire alle persecuzioni emigra in Francia. Qui Irène trova ben presto la sua vocazione, sarà una scrittrice. Le circostanze del suo esordio letterario hanno qualcosa di romanzesco.

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Nel 1929 l’editore Bernard Grasset rimane colpito dalla qualità letteraria di un manoscritto arrivato per posta. Il plico, però, non contiene una lettera di accompagnamento e non reca mittente. Perciò, per rintracciare l’autore deve mettere un annuncio sui giornali. Quando la Némirovsky si presenta, Grasset stenta a credere che quella ragazza di buona famiglia, elegante e gioviale, sia l’autrice di un’opera così sofferta e complessa.

David Golder (in italiano edito da Adelphi) questo il titolo del primo libro, è un successo e di critica e di pubblico (in meno di un anno conosce oltre novanta ristampe). In pochi anni a questo primo volume fanno seguito numerosi altri romanzi che consolidano la fama dell’autrice. Sopraggiunge però la guerra e poi l’occupazione tedesca. La Némirovsky non riesce a espatriare. Si nasconde sotto falso nome, ma viene scoperta. Nell’estate del 1942 viene portata ad Auschwitz, dove è uccisa poco settimane dopo il suo arrivo. Secondo la toccante biografia di O. Philipponnat, forse lo stesso giorno.

Dimenticata nel dopoguerra, alcuni suoi libri tornano a circolare in Francia nei primi anni novanta del secolo scorso, sempre per iniziativa dell’editore Grasset. Probabilmente, senza un inatteso ritrovamento, sarebbe rimasta una scrittrice di nicchia, apprezzata da una cerchia ristretta di affezionati. Nel 2004, però, viene pubblicato un romanzo postumo lasciato incompiuto. Il manoscritto era conservato, insieme a ricordi e fotografie, in una valigia che le figlie portano con sé al momento della separazione e che salvano in modo rocambolesco nelle loro peregrinazioni di bambine ebree negli anni di guerra. Ritrascritto da una delle figlie molti anni dopo, Suite francese diventa un successo mondiale che dà il via a una rivalutazione complessiva della sua opera.

Sulla scia di questa riscoperta viene anche una raccolta di racconti, in parte inediti in parte mai più ristampati (I. Némirovsky, La vergine e altri racconti, a cura di O. Philipponnat, Paris, Denoël, 2009). Tranne alcuni che risalgono agli anni Trenta, i racconti sono stati quasi tutti composti tra il 1940 ed il 1942. Quello che dà il titolo alla raccolta è moralmente postumo. Viene infatti pubblicato su di una rivista, sotto pseudonimo, il 15 luglio 1942, pochi giorni dopo il suo arresto. I temi cari alla scrittrice franco-russa, che animano i suoi romanzi, si ritrovano anche in questi racconti: il conflitto tra madre e figlia, la condizione di sradicamento come radice emotiva dell’ebraismo. Accanto a questo, però, affiorano anche altri motivi, a segno di una dispiegata maturità letteraria. In La preda, racconto già pubblicato in diverse raccolte (ma segnalo l’edizione Adelphi per l’abile traduzione di L.F.Guarino), alcune tecniche cinematografiche (dissolvenza, campo e controcampo, flash-back) sono applicate con sapienza dalla scrittura e danno alla narrazione una movente drammaticità. Un altro racconto, La ladra, edito da Passigli,  ci consegna uno spaccato di vita della vita di campagna francese dove l’avarizia, l’egoismo, il senso dell’onore vanno a comporre un quadro realistico che fa pensare alle novelle contadine di Maupassant. In altri casi ancora abbiamo una sferzante satira della vita letteraria che mette in luce il distacco e l’ironia della Némirovsky verso il suo mondo professionale, leggi: La sconosciuta nella raccolta che comprende il già citato La ladra.

Tuttavia, nella varietà degli argomenti e delle storie emerge una sorta di cornice emotiva ed etica dell’intera raccolta delle opere della grande scrittrice. La generazione della Némirovsky, tra la giovinezza e la prima maturità, si trova a vivere due guerre mondiali. Da qui un senso di precarietà che aleggia sulla vita quotidiana e la segna in profondità, anche se in superficie gli sconvolgimenti emozionali sembrano sanati. In gran parte dei racconti sarà questa la cifra con cui le storie si misureranno.

Quest’atmosfera, che era già al centro del romanzo I fuochi dell’autunno, anch’esso composto in quest’ultima e quasi febbrile fase di attività, filtra in maniera diretta o mediata anche in alcuni dei suoi racconti più significativi . La ritroviamo, ad esempio, nella fiaba allegorica Il signore delle anime, dove le allusioni alla guerra in corso sono trasparenti, o nel racconto Magie, ambientato tra gli esuli russi, dove una profezia che appare inverosimile non si avvera per un curioso gioco del destino. Ma è soprattutto in due racconti (In ragione delle circostanze e La Paura) che il doppio sconvolgimento delle guerre mondiali fornisce non solo la materia viva del racconto, ma la stato d’animo di fondo della scrittrice europea.

Da Adelphi e Fazi un segno di lungimiranza editoriale; mi riferisco alle biografie della grande scrittrice in commercio a cura delle figlie in altrettanti libri. Denise prima, e Élisabeth dopo, entrambe figlie hanno scritto della loro madre. Quella di Philipponnat e Lienhardt è il risultato di un un lavoro durato tre anni. Costantemente affiancati dalla figlia di Irène, Denise Epstein, hanno consultato le carte inedite della scrittrice: la corrispondenza con gli editori come gli appunti presi a margine dei manoscritti, i diari come i taccuini di lavoro. Un’opera che non solo fa risorgere dall’oblio con una vividezza sorprendente le diverse fasi dell’esistenza di Irène (l’infanzia nella Russia prima imperiale e poi rivoluzionaria, la fuga prima in Finlandia e poi in Svezia, la giovinezza dorata in Francia, i rapporti con la società letteraria degli anni Trenta, gli sconvolgimenti della guerra, gli ultimi mesi di vita nel paesino dell’Isère dove si è rifugiata con la famiglia. Tragiche e commoventi le pagine di coda: raccontano dell’arresto della scrittrice a distanza quasi di ore di quello del marito. I due non si vedranno più morendo quasi immediatamente al loro arrivo nel campo di sterminio. Le pagine finali che descrivono i concitati momenti del suo arresto e della successiva deportazione, sono davvero commoventi e coinvolgenti a tal punto da renderle indimenticabili.

Il secondo è “Mirador, Irène Némirovsky mia madre”, ma non è una semplice biografia di Irène Némirovsky. È la scrittrice stessa che, attraverso la voce di Élisabeth (Gille, figlia di Michel Epstein e della scrittrice), ci racconta in prima persona di sé e della propria vita. E rievoca con accenti intimi e originali la Russia lacerata e suggestiva dell’infanzia e dell’adolescenza. Poi, dopo l’esilio seguito alla Rivoluzione d’Ottobre, sono la Francia e Parigi lo scenario in cui Irene spicca il volo e diventa famosa. Infine la provincia francese è il teatro che vede svolgersi l’ultimo atto della sua esistenza, che è anche l’ultimo atto di una borghesia colta ma incapace di cogliere i segni premonitori della tragedia che si sta abbattendo sull’Europa e che troppo tardi si accorge della furia che travolgerà milioni di persone, come la stessa Irène, deportata nel 1942 ad Auschwitz, dove morì di tifo un mese dopo. “Mirador” è uno sguardo intimo e privilegiato sui suoi legami con il padre e la madre, il marito e le figlie, la fatica della continua fuga fino alla drammatica fine. Numerosi sono i nodi affrontati – la fama e le sue illusioni, il giudaismo e la Shoah -, ma è il tema fondamentale della vita familiare e della maternità a dominare la narrazione. Il rapporto tormentato, seppur breve, tra Élisabeth e la madre Irène è il filo rosso che lega ogni vicenda di vita

Una considerazione finle. Da un punto di vista letterario le tante raccolte in circolazione dimostrano che la Némirovsky dei racconti non è inferiore alla romanziera. Da un punto di vista più generale, poi, questi libri ci danno la possibilità di cogliere l’atmosfera di quel particolare momento storico. A dimostrazione che la letteratura può dare un contributo alla conoscenza del passato che non sempre i libri di storia riescono a offrire, ragione questa per cui mi piace riconoscerla non come autrice franco-russa ma come scrittrice europea.

per BookAvenue, Michele Genchi

 

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