Viaggio dentro la mafia nera di Sergio Nazzaro

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Kevin per due volte dentro un container trasformato in “cesso” perché “chi ti arresta nella merda?”. Monica che ha conosciuto la strada ma a ventiquattro anni ha capito così bene come funziona che è già diventata una madame. E poi Fatiha sottoposta a indagini per “aver fatto ingresso clandestinamente in Italia in violazione delle norme vigenti”. E che racconta: “Una mattina ho notato una donna credo nigeriana, che faceva dei movimenti strani, come dei riti magici, e alla fine ha indicato una persona del barcone. Quando una persona veniva indicata gli legavano le mani e i piedi e la buttavano viva in mare. Non saprei identificare queste donne, tenevo la testa bassa per la paura…”.

Il suo è lo sbarco che la questura di Agrigento ha catalogato con l’intestazione “Rif. I° sbarco del 4.08.2011 di 367 immigrati + cadavere”. In realtà lo sbarco del 4 agosto ha molti più morti di quanti ne vengano scaricati, nel conteggio della polizia italiana non figurano cioè i sacrifici umani. “Ogni giorno – riprende Fatiha – buttavano in mare almeno tre, quattro persone vive, sempre indicate dalle donne che facevano i riti magici”. Amadou Diarra del Mali che doveva morire e che è stato salvato, grazie all’intervento di un amico, aggiunge: “Personalmente ho visto almeno dieci persone morire, di nazionalità e pelle diversa. Sono morti anche due bambini, un maschietto e una femminuccia. Si sono messi a fare riti, perché dicevano che l’avaria al motore era stata colpa di persone

Ecco infatti il popolo dei barconi, dei migranti senza identità.
Ma questa è solo una porzione di male. Il resto è la droga, gli esseri umani smerciati, le armi, la violenza. Benvenuti a Castel Volturno, il villaggio del delta dell’Italia, dove la mafia africana ha il centro del suo potere. Un potere connesso con tutta l’Italia e le sue città, perché “il crimine organizzato nero traffica in droga, minorenni, compie riti vudù e minaccia sacrifici umani”.

“Fatti accertati, non romanzati” scrive Sergio Nazzaro in “Castel Volturno”, uno slow reportage appena pubblicato da Einaudi per la collana Passaggi. Castel Volturno è stato a lungo il marginale inesplorato, almeno fino alla strage del 18 settembre 2008: sei ragazzi africani uccisi. Ma l’inizio è un altro: è il 24 aprile del 1990, il clan La Torre assalta un bar per il controllo del mercato della droga, vengono uccise cinque persone e ne vengono ferite altre sette. Tra i morti ci sono anche due italiani. E’ questo “l’anno zero – scrive Nazzaro – della commistione tra mafia straniera e camorra italiana, una strage a suggello. La strage del 2008 assomiglia a una festa per il raggiungimento dei 18 anni, la festa della maturità. Non è di oggi, quindi, ma viene da lontano. Vengono da lontano”.

E Nazzaro (che è il più esperto conoscitore della mafia nera) questo viaggio lo ricompie tutto, chilometro per chilometro. Ogni voce di questo racconto ha l’emotività e l’empatia dell’ascolto, della conoscenza. Ogni luogo è stato percorso e visitato. La pagina restituisce l’intensità dell’esperienza diretta. Così il viaggio dentro la mafia nera è reale, l’autore si mischia, va, cammina con i suoi testimoni, nulla è ripartato da altra fonte se non quella dello sguardo dell’autore. Il giornalista è, come deve essere, osservatore quindi narratore senza altra mediazione. La lingua è netta ed emotiva, secondo un equilibrio sempre centrato. Il libro di Nazzaro non è una lettura aggiuntiva, di quelle cioè che sarebbe meglio fare ma che in fondo tralasciare non è tutto sommato una mancanza
così grave. E’ invece una lettura necessaria. Opportuna ed importante. Per capire, ovvio. Per conoscere un fenomeno che per quanto vicino resta impenetrabile. Perché questo è un libro bello e riuscito. Ma soprattutto per lasciarsi toccare, per impare forse a sapere, qualche volta e da qui in avanti, allungare la mano.

Sergio Nazzaro – Castel Volturno
Reportage sulla mafia africana – 2013
Passaggi
Einaudi

di Serena Uccello – Il Sole 24 Ore – leggi su http://24o.it/cjCKx

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