La forma incerta del racconto

   Tempo di lettura: 3 minuti

La forma incerta dei sogni di Leonora SartoriSe c’è un errore che può commettere uno scrittore emergente è quello di darsi subito al racconto autobiografico. Se poi lo scrittore in questione dà al protagonista del racconto il suo stesso nome, l’errore è madornale. Infine se, come in questo caso, l’autore si fa anche la recensione da solo – presentando la storia che ha scritto come “luminosa e a tratti oscura, sincera e a tratti distorta”, – ci chiediamo perché poi tocchi a noi leggere.
Ecco, questa in sintesi la recensione di “La forma incerta dei sogni”, di Leonora Sartori, opera prima di una scrittrice che in passato ha fumettato la tragedia di Ustica.
E a noi, sarebbe già bastato, invece…

La protagonista è Leo, una bambina a cui i genitori hanno in un certo senso tolto l’infanzia. Mamma e papà sono due attivisti di sinistra che portano Leo ovunque vadano, che si tratti di dibattiti e manifestazioni, di scioperi o sit-in, mentre tutto quel che lei vorrebbe è stare in “luoghi sicuri in cui correre e saltare sotto l’occhio vigile della mamma”. E’ strano che un bambino voglia addosso la mamma piantata lì a controllarlo, ma in questo caso non è un controsenso: Leo da piccola sogna di diventare suora.

Leo ha in camera un adesivo che i suoi genitori le hanno attaccato: sei persone fotografate di spalle, quelle che il mondo consacrerà come gli eroi di Shaperville, sei battaglie individuali divenute un unico simbolo nella lotta all’Apartheid in Sud-Africa. Il racconto della sua vita di bambina – desiderosa solo di rimbambirsi con la colonna sonora de “La storia infinita” – è alternata da flash sulla vita dei sei protagonisti, su com’era al momento degli scontri, e su cosa è accaduto poi. Storie di persone normali divenute straordinarie quasi per caso, narrate con una penna a volte violenta, a volte sorprendentemente lirica: “era il 9 novembre 1984, in quella fase della notte che è uno sbadiglio indistinto che s’allarga tra l’oscurità e la luce”.

La storia tuttavia non si esaurisce in un adesivo: nel giro di due pagine la piccola Leo diventa grande e parte alla volta di Shaperville per andarli a incontrare (come ha davvero fatto Leonora Sartori), in una ricostruzione che chiude il cerchio della loro vita. Chi sono davvero questi sud-africani? Sono uomini e donne comuni che hanno partecipato alle battaglie contro le ingiustizie imposte dal governo durante l’Apartheid, come ad esempio per il rincaro degli affitti, ma che dichiarano – alla luce del carcere, delle torture e dell’isolamento vissuti in seguito – che quel dato giorno avrebbero fatto meglio a fare altro.

Oltre al libro in sé, anche l’eroismo che il romanzo vorrebbe narrare delude: non è battaglia civile, non è mosso dalla tenacità, non si chiama coraggio. L’eroismo qui è frutto di una casualità, di quel trovarsi al momento sbagliato nel posto sbagliato, è rimpianto per aver aperto la sliding door con più mandate.

“La forma incerta dei sogni” è perciò un titolo puramente evocativo, perché non ci sono sogni, tanto meno incerti. C’è una triste realtà, dai contorni netti e documentati.

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3 commenti

  1. Gentile Paola,
    ti ringrazio per avermi dedicato il tuo tempo, evidentemente se lo scopo della rubrica era suscitare un pò di polemica,ho abboccato!
    Rileggendo con calma tutto questo dibattito mi rendo conto di essere stata un pò impulsiva nel dare la mia opinione.
    Mi scuso di una cosa: avendo visto il link della recensione su facebook, quando ho aperto la pagina dedicata a questo libro non mi ero accorta facesse parte di una rubrica,credevo che “Il libro più brutto del mondo”fosse semplicemente un titolo dato a questa recensione. Ora che so che fa parte di una rubrica,come ho già detto nel commento su facebook, mi rendo conto di aver equivocato.
    La vostra senz’altro è un’iniziativa simpatica..ma i toni della recensione mi sembravano comunque un pò bruschi. .. Tipo quando dite che si rimbambiva con la musica non mi sembrava molto rispettoso usare questo termine!
    Comunque ringrazio per il consiglio di leggere il libro e poi di scrivere la recensione.
    Non era mia intenzione offendervi; mi scuso per l’intrusione e auguro all’artista che ha scritto questo libro una bella carriera,piena di commenti costruttivi, momenti di riflessione, e tanta fortuna che le possa far assaporare il successo.
    Un saluto a tutti.

  2. Gentile Flavia,
    cominciamo dal nome della rubrica: “il libro più brutto del mondo” contiene un’evidente provocazione, allo scopo di sollevare dibattiti, come sta avvenendo in questo caso.
    Scrivi che le recensioni sono soggettive: aggiungerei che anche l’approccio ai libri è soggettivo, come lo è il modo di amare, di mangiare, di vivere, di viaggiare. Dire “le olive fanno schifo” è una formula per generalizzare il gusto personale. Quanto vale? Quanto il resto dell’umanità che invece le apprezza. Tutto sottintende un “secondo me”, talmente evidente da essere omesso nella stragrande maggioranza dei casi.
    Tuttavia, se ritieni di averne bisogno, posso riformulare la mia recensione col dire che quel che non convince “secondo me” di questo libro è lo strano miscuglio di romanzo e saggio: quando va bene, viene fuori “Gomorra”, quando va male, il titolo diventa “La forma incerta dei sogni”. Una storia personale che si lega a vicende storiche necessita di un bilanciamento narrativo qui del tutto assente, col risultato che non si segue né l’una, né le altre. Perché non lo leggi e ci proponi la tua recensione? Criticare una critica senza aver letto l’oggetto della critica mi sembra quanto meno bizzarro (e a peccare di presunzione siamo in due).
    Se sei una scrittrice emergente, ti consiglio di leggere – se già non l’hai fatto – “Il reato di scrivere”, di J. Rodolfo Wilcock: un piccolo libro che sfata le grandi romanticherie che avvolgono libri ed editori, e che svela (dal suo punto di vista, s’intende) cosa uno scrittore di romanzi dovrebbe evitare, in primis pensare che la propria storia sia degna di essere raccontata in un libro. Libro che qualcun altro paga per leggere e su cui investe del preziosissimo tempo.
    Infine, quanto al refuso, grazie per la segnalazione: i refusi vanno combattuti come uno dei più grandi mali dei testi scritti di oggi; persino il premio Strega “Canale Musssolini” ne contiene un po’. Ma, a parziale giustificazione, posso aggiungere che Bookavenue non ha i soldi del New York Times che dispone di un intero staff dedito solo alla caccia della digitazione distratta! Comunque continueremo a combatterli, dotati di pochi mezzi ma di ingenti forze di volontà.
    Paola Manduca
    p.s. Bè si scrive beh

  3. Posso dire che siete stati davvero molto poco fini? Io sono una scrittrice esordiente e se mi fosse stata fatta una recensione così mi sarei sinceramente offesa. Come dicono molti le recensioni sono soggettive,ma accidenti dire il LIBRO PIU’ BRUTTO DEL MONDO oltre ad essere un modo per far sentire l’autrice una deficiente,è un modo per sottolineare quanto voi non abbiate la mente aperta a nuovi stili…
    Vorrei ricordare che un certo Sterne a suo tempo scrisse un libro che non aveva trama..Bè ci è diventato famoso! ..Invito ad essere meno bruschi nei vostri giudizi e ad avere rispetto di chi ci mette impegno per fare qualcosa..Non tutti siamo nati imparati..
    p.s.E comunque si scrive sit-in. -.-

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